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Sickteens

Giovane band che fa base a Reggio Emilia, si identifica nel pop-punk e nel genere emo, nascono ufficialmente nel 2020

e nel 2021 escono con il loro primo ep.

Alessandro "Alex" Ruzza - voce | Francesco "Gonza" Gonzaga - chitarra | Riccardo "Rick" Bertani - batteria

Sickteens

Parlateci di voi: com’è nato il vostro gruppo e perché vi chiamate Sickteens?

Abbiamo giocato sul gioco di parole tra “Sickteens” e “Sixteen”: il gruppo vero e proprio nasce durante la quarantena, quando tutti e tre abbiamo compiuto sedici anni. Ci conosciamo da tutta la vita e da sempre, all’occorrenza, abbiamo collaborato e suonato insieme. Ma prima della pandemia lavoravamo solo io e Gonza con altri artisti. Durante la quarantena invece abbiamo sentito la necessità di fare qualcosa e lavorare insieme a qualcosa di nuovo. Il nome rispecchia anche quello che vogliamo fare e arriva dal modo in cui ci sentivamo durante quel periodo: “gioventù malata”. Durante il Covid ci siamo sentiti più stretti, più chiusi, più “malati” in testa, volevamo fare i pazzi.

Un aneddoto sulla nascita del vostro gruppo?

Uno dei primi ricordi è di quello che ci ha unito è quello di una chat che abbiamo creato durante la quarantena, appunto, che si chiamava I film di sera: commentavamo i film che guardavamo in contemporanea, ognuno a casa sua. Dal guardare i film siamo passati a diverse stesure di testi. Poi c’è stato quel mese in cui eravamo in zona gialla e ci siamo incontrati e abbiamo registrato uno dei nostri primi video freestyle. È stato strano rivedersi dopo quattro mesi: la cosa bella è stata vedersi già diversi dopo quel poco tempo, era come vedere persone nuove. Da quella sera e da quel video è nata l’idea di fare un disco insieme.

Facciamo un po’ di cronologia: vi siete incontrati alle medie, quindi a circa dodici anni, tutti e tre già avviati alla pratica musicale (dettaglio non scontato). Come sono stati i rispettivi inizi? Come vi siete avvicinati alla musica?

Gonza: Probabilmente non ascoltavo neanche musica all’epoca; però mio fratello aveva comprato una tastiera, una di quelle con cui si inizia, e casualmente ho iniziato a suonarla. Ho iniziato con la musica classica e il pianoforte, mi interessavano solfeggio e armonia, ho studiato per cinque anni.

A un certo punto mi sono chiesto se non fosse più divertente suonare la chitarra elettrica e così  è iniziato anche il discorso delle produzioni, casualmente, quando ho scaricato alcuni programmi sul pc e abbiamo iniziato a fare delle prove.

Alex: Io ho iniziato molto presto, vengo da una famiglia di musicisti: mio padre era nella banda dell’esercito e ha fatto il conservatorio. Mi ha trasmesso la passione per il cantare: ho toccato anche vari strumenti ma non mi sono sentito appassionato come per la voce. Mi ha sempre portato in giro per i suoi concerti, da piccolo. Poi ho iniziato a studiare a otto anni ma ho smesso subito, a dieci, e da lì il percorso è stato più semplice, per certi versi: ho incontrato dei ragazzi nella zona in cui abitavo che mi hanno detto: “Tu da oggi fai freestyle con noi”, così senza una motivazione, ma sono andato ed è stato così che ho iniziato. Vengo dal rap e dal pop-rock e la mia scuola di musica sono stati i campetti e i parchi. Alle medie non avevo ancora una concezione ampia di musica e mi focalizzavo solo sul rap, ma mi sono subito concentrato sullo scrivere: poesie, in italiano, su di me, su come mi sentivo. Poi ho smesso di fare freestyle perché i ragazzi con cui rappavo se ne sono andati, e ho iniziato a scrivere testi interi, ed è stato in quel periodo che ho capito che era una cosa che mi piaceva fare, che sapevo fare e che avrei voluto fare. Ho iniziato quindi a dedicarci tutto il tempo che avevo. L’arrivo al pop punk è stato il passo finale: mi sono sempre piaciute chitarre e melodie. Ci siamo chiusi in montagna con Gonza qualche giorno, senza linea, telefono, niente, solo suonare ed è nato un progetto emo-trap. E poi, dopo un po’, abbiamo sentito esigenza di aggiungere una batteria vera, perché fino a quel momento le avevamo usate solo digitali.

Rick Ho iniziato molto presto con la batteria; mio padre mi ha sempre spinto a fare lezione di musica, forse perché l’ha sempre voluto fare lui, e mi ha sempre detto: “Fidati che un giorno non te ne pentirai”. Dopo aver provato vari strumenti, alla scuola di musica di Canali, ho provato la batteria, che sentivo passare attraverso ogni muro con la sua confusione. E da quel momento son partito e non ho mai più smesso, vado a lezione tutt’ora alla Drum Professional School del quartiere Orologio.

Sickteens bw

Ora siete alle superiori e fate scuole anche abbastanza diverse tra loro; come gestite la vostra vita musicale e tutto il resto (scuola, relazioni, interessi)?

Eh, infatti siamo disperati! Ogni sera nella nostra chat nasce una crisi isterica per il fatto che vogliamo produrre cose ma nello stesso tempo abbiamo anche la scuola – e tra di noi c’è chi ha esigenza di portare avanti le cose più che bene, perfette! Ed è giusto. Personalmente non ho tanti problemi di studio e mi sono organizzato in modo tale da tenermi sempre una parte della giornata, la sera, per fare quello che voglio e creare bozze che poi mando a loro.

Il tempo materiale per fare le cose comunque ce l’abbiamo il sabato quando ci ritroviamo tutti e tre in studio. 

 

Per quel che riguarda le scelte: tutti e tre abbiamo già lasciato alcuni sport; se vuoi fare le cose fatte bene non c’è tempo per tutto.

 

Per quel che riguarda le relazioni: non può cambiare l’obiettivo perché qualcuno te lo chiede. Non smetteremo di fare musica e non rinunceremo al tempo che vogliamo dedicarle per una relazione d’amore. E forse questo, cioè che nessuno riesce a distoglierci dalla musica, dipende soprattutto dal fatto che siamo amici che si conoscono da tutta la vita. E questo è il cuore della nostra band. Abbiamo sempre avuto persone che sono entrate in studio con noi, che stavano lì mentre facevamo musica, sapendo che poi, una volta finito, sarebbe venuto il tempo di uscire, e non il contrario. Se non fosse stato così quelle persone non sarebbero state lì. E comunque è molto importante avere persone attorno perché sono fonte d’ispirazione, ti danno qualcosa da raccontare.

Avete dei modelli?

Alcuni ci definiscono vicini alla nuova era pop-punk che sta nascendo adesso in America.

Veniamo da background diversi: musica classica, rap e rock anni Settanta. Questo secondo me ci ha aiutato un sacco, è un arricchimento reciproco totale. A volte siamo anche in contrasto ovviamente, ma alla fine nasce sempre qualcosa.

Uno dei termini che più avete usato è “produzione”. Come nasce una vostra canzone e quali sono gli argomenti che più trattate?

L’ultima canzone che è uscita è nata così: da una settimana suonavo un riff a caso, lui l’ha sentito e ha iniziato a farci sopra il ritornello che aveva già in mente. Tutto il resto è venuto un po’ pian piano, ma sì, di solito accade così: prima la musica poi il testo e alla fine la batteria. E comunque noi facciamo tutto insieme: mando tutti i testi a loro così che possano correggere le parti che vogliono correggere e inseriscano quello che vogliono inserire: in tutti i pezzi c’è una parte al singolare in cui la “voce narrante” è la mia, ma poi c’è anche il pensiero e il contrasto di tutti. Voglio che la musica sia la nostra, che rappresenti tutti, quindi dalla chitarra fino al testo, tutto è condiviso. 

 

Le produzioni che facciamo sono lente, per via del tempo che abbiamo per vederci, ma sono molto curate perché noi non facciamo mai una cosa che ci piace e poi la chiudiamo lì: deve continuare a piacerci anche un mese dopo, parecchio, ed andare bene in tutto. 

In generale, facciamo le cose molto a sentimento: se una bozza ci preme tanto da continuare il brano allora sappiamo che quel brano andrà bene e lo lavoriamo finché non è esattamente come lo vogliamo. 


Per quel che riguarda gli argomenti che tocchiamo, in generale partono da quello che mi trasmette la base, ma tendo a parlare di me, di legami, storie già successe. In Sometimes, l’ultima uscita, parliamo dei tre mesi dell’estate dopo il covid: tre mesi di libertà, di hangover, in cui ci risvegliamo, non sappiamo neanche che giorno sia, ma è un pezzo molto felice, molto allegro.

Sickteens flash

La musica vi ha cambiati?

Gonza: Sì, assolutamente, tantissimo. Per quel che riguarda me, per quel che riguarda l’aspetto e la personalità, ti fa crescere nel come ti senti con te stesso.

Rick: Sì, la musica è come una grande amica, non ti senti mai solo e sai che ti accompagnerà per tutta la vita. È un punto fisso.

Alex: Credo che mi abbia dato più sicurezza: scrivere quello che senti e vedere che può colpire anche altre persone, che riescono a rispecchiarcisi, è molto forte. È curativa, è educativa. Senza la musica non saremmo gli stessi. 

Come sta andando il vostro progetto finora e che prospettive avete?

Per quel che riguarda l’immediato futuro: sicuramente ci piacerebbe lavorare bene sulla dimensione del live, che per ora non abbiamo mai sperimentato ma che è importante.

 

Poi ci piacerebbe molto avere un videomaker che ci riprenda durante la quotidianità perché si capirebbe molto il nostro lavoro e la nostra identità di band. Credo che sia importante raccontare il nostro tempo insieme, la nostra amicizia, dal fare le vacanze all’uscire la sera, dal vederci per fare musica al modo in cui parliamo e scherziamo. Siamo una via di mezzo e i due estremi opposti, abbiamo tante sfumature di caratteri qui che vanno dal più estroverso e chiacchierone, al “question mark”, al mediatore. E questo mix viene naturale, è un mood che non abbiamo con altri e ci divertiamo tanto.

Per quel che riguarda il progetto e come sta andando: abbiamo avuto anche alcune soddisfazioni personali; ad esempio alcune settimane fa siamo andati a Milano per parlare con una giovane etichetta che è interessata al nostro lavoro e ci ha contattato per un pezzo che abbiamo fatto in inglese, che si chiama Sometimes, che segue il filone del pop-punk. Nel caso in cui ci indirizzassero verso i talent, noi valuteremo “a che costo”, perché ci teniamo a mantenere la nostra integrità anche di linea di pensiero.

In generale, comunque, ci occupiamo noi stessi della comunicazione e della promozione del nostro progetto: creiamo noi stessi le nostre grafiche, montiamo i nostri video e appena esce un pezzo lo spammiamo tra i nostri contatti.

 

Abbiamo avuto anche l’idea, qualche mese fa, di stampare dei poster e appenderli in giro tra Reggio e Bologna, con il QR code della nostra pagina Spotify… Sappiamo, però, che nel momento in cui carichiamo il pezzo il nostro lavoro in un certo senso è finito e che dobbiamo anche lasciare che le cose facciano il loro corso.

Sickteens poster
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